I fratelli accusati di cyberspionaggio

di Valentina Stella Il Dubbio 15 luglio 2017

La parabola discendente di Francesca Maria Occhionero inizia il 9 gennaio di quest’anno quando viene arrestata insieme al fratello Giulio, e condotta nel carcere romano di Rebibbia. Le accuse mosse dalla procura di Roma sono: accesso abusivo a sistema informatico aggravato, intercettazione illecita di comunicazioni informatiche, violazione della privacy; accantonata al momento quella di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. In pratica i due avrebbero cercato di entrare nella posta elettronica di 18mila persone, tra cui l’attuale segretario del Pd, Matteo Renzi, l’ex premier Mario Monti, il presidente della Bce, Mario Draghi, il cardinale Gianfranco Ravasi, ma anche in quella di nomi altisonanti della finanza, delle istituzioni, delle pubbliche amministrazioni, di celebri studi professionali. Il processo a carico dei due fratelli, iniziato lo scorso 27 giugno, riprenderà il 17 luglio davanti al giudice monocratico. La Procura ha chiesto ed ottenuto dal gip l’ok al giudizio immediato che ha consentito, alla luce delle prove raccolte nella fase investigativa, di saltare l’udienza preliminare e di portare il processo direttamente in aula. Entrambi lavoravano insieme in diverse società di famiglia, compresa la Westlands Securities, fondata da Giulio due anni dopo la laurea, nel 1998, a Malta, e che si occupa di consulenza finanziaria a istituzioni bancarie. Lui con la passione per la matematica, lei per la maratona. Secondo gli inquirenti i fratelli Occhionero sarebbero stati al vertice di una centrale di cyberspionaggio che accumulava illecitamente dati sensibili e riservati, attraverso l’utilizzo di un malware ( malicious software) chiamato Eye Pyramid, ' occhio sulla piramide', il simbolo massonico per eccellenza. I dati sottratti dal virus informatico erano custoditi in server negli Stati Uniti. L’indagine era partita da una segnalazione del capo della sicurezza dell’Enav, Francesco Di Maio, che aveva rilevato nella posta elettronica una email malevola. L’attacco malware avveniva generalmente infatti tramite una email. Dalle carte della Procura di Roma, che ha condotto le indagini con il Cnaipic, il Centro nazionale anticrimine informatico della Polizia postale, e in collaborazione con l’Fbi, si legge che quella che ha poi consentito di infettare i computer arrivava da uno studio legale, in cui si diceva di scaricare un file pdf contenuto in allegato. Una fattura, nel caso specifico. Dentro quel pdf in realtà era contenuto il software. Appena si apriva il file, l’infezione del computer era avvenuta, ed esso poteva essere controllato da remoto, senza che il proprietario se ne potesse accorgere. Contemporaneamente il virus metteva in condizione il presunto hacker di accedere abusivamente a tutti gli account in possesso del titolare del sistema infettato: email, cloud, conti correnti, profili social. I due fratelli - lui ingegnere nucleare di 45 anni, lei quarantanovenne con un dottorato in chimica - difesi rispettivamente dagli avvocati Stefano Parretta e Roberto Bottacchiari, si sono sempre dichiarati estranei ai fatti contestati. I legali avevano chiesto più volte la scarcerazione dei loro assistiti, e in subordine gli arresti domiciliari, ma il Tribunale del Riesame aveva respinto il ricorso, sui cui aveva espresso parere contrario anche il pm Eugenio Albamonte.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue