Maurizia e le altre donne, le voci di dentro a Rebibbia

di Valentina Stella Il Dubbio 25 luglio 2017

«Una bella giornata di sole. Tutto andava a meraviglia. All’improvviso quattro toc toc alla porta, mio figlio mi chiede “ma, chi sarà? ” E io “boh, apri”. Mi trovo davanti tre colossi e una donna che mi dicono signora, ci segua. È in arresto e io già ci sto con il bracciale e loro No, signò, è arrivato il definitivo. Prepari le sue cose e ci segua. Ha dieci minuti. Dieci!!», in pochi minuti la vita di Maurizia cambia; da due anni è reclusa nel carcere femminile di Rebibbia. «Dopo aver versato fiumi di lacrime, cazziatoni, litigate, amicizie vere e no, mi rendo conto mi servirà. Eccome!», così si racconta oggi nel libro ‘ A mano libera. Donne tra prigioni e libertà’, una raccolta di testi, frutto del lavoro fatto da novembre 2016 a maggio 2017, con il laboratorio ” A mano libera” tenuto proprio nella Casa circondariale femminile romana. Le curatrici del libro, Tiziana Bartolini e Paola Ortensi, hanno tenuto degli incontri settimanali con le detenute partecipanti durante i quali hanno discusso di attualità e commentato i fatti, sollecitando riflessioni che, talvolta, sono ‘ diventate parole fissate sul foglio bianco’. Nello stesso modo si sono tenuti gli incontri nei due anni precedenti e i relativi scritti sono stati pubblicati nel sito www. noidonne. org, dove si trovano tutte le informazioni per acquistare il libro edito da Cooperativa Libera Stampa.

A Rebibbia sono recluse circa 350 detenute, di cui il 50% è costituito da straniere, tra queste moltissime sono rom. Nella maggior parte dei casi le donne sono ristrette per spaccio di droga e, in misura minore, i reati che le riguardano sono legati allo sfruttamento della prostituzione, a furti e rapine e a delitti contro la persona. ‘ Il dentro e fuori è lo scambio che volevamo stabilire e che in vario modo abbiamo sentito muovere’, raccontano le curatrici nelle pagine del libro. «Questo scambio si materializza, e non solo simbolicamente, con le riflessioni di non detenute nell’intento di creare un unico e armonico flusso narrativo che abbiamo volutamente accentuato scegliendo di firmare ogni pezzo solo con il nome di battesimo. Siamo consapevoli delle differenze che ci sono tra chi ha avuto destini tanto diversi, ma pensiamo che l’essere donne ci accomuni molto più di quanto non sia visibile a “ocche chio nudo”».

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