Sollecito: "gli errori commessi dai giudici che mi hanno condannato"
Abbiamo potuto leggere l'atto di citazione presentato dagli
avvocati Antonio e Valerio Ciccariello al Tribunale di Genova, attraverso cui
chiedono per il loro assistito Raffaele Sollecito i danni sulla base della
nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Ecco alcuni tratti
salienti:
- In merito alle indagini
preliminari, il cui titolare era il Dr Giuliano Mignini:
a) dal momento in cui entrò in Questura a Raffaele Sollecito
fu impedito, da persona indagata del reato, di usare il cellulare per chiamare
il padre o un avvocato.
b) Vi fu una errata interpretazione dei tabulati telefonici
di Sollecito, così come dell'impronta della scarpa Nike di Sollecito che una
errata perizia aveva dichiarato compatibile con una impronta trovata sulla
scena del delitto;
c)"Le modalità con cui furono analizzati i reperti
“165B” (gancetto del reggiseno) e “36” (coltello da cucina), come anche sul
punto stigmatizzato dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n.1105/15,
rappresentarono totale e palese “violazione delle regole consacrate dai
protocolli internazionali”. Realizzate in totale assenza di “verifica per
ripetizione del dato di indagine”.
d) "Gli inquirenti posticiparono incredibilmente
l’ispezione cadaverica di ben 11 ore dal ritrovamento del corpo della povera Meredith".
e):"Uno dei 2 computer sequestrati al Raffaele
Sollecito, [...] che avrebbe consentito una puntuale verifica del suo alibi fu
“incredibilmente bruciato da improvvide manovre degli inquirenti che ne
causarono shock elettrico” (cfr. Corte di Cassazione);
f) La difesa di Sollecito " non ebbe a disposizione, al
momento della conclusione delle indagini preliminari, tutti gli atti
investigativi come previsto dalla legge, e ciò si protrasse almeno per tutta la
fase dell’udienza preliminare".
g) "La durata eccessiva degli interrogatori, portati
avanti di giorno e di notte, condotti con violenza quantomeno psicologica [...]
da più persone nei confronti di una ragazza giovane e straniera, che all’epoca non
comprendeva né parlava affatto bene la lingua italiana, ignara dei propri
diritti e mai messa a conoscenza degli stessi, di fatto indagata a sua insaputa
e privata dell’assistenza di un difensore, con l’intervento di interpreti, [...]perfino
direttamente appartenente al personale preposto alle indagini, che anziché
limitarsi a tradurre domande e risposte la induceva a sforzarsi di ricordare il
nome di “un” colpevole qualunque da dare in pasto ai media"
- Sulla condotta del Gip di Perugia, Dott.ssa
Claudia Matteini:
a) il GIP convalida il fermo di Raffaele, così come degli
altri 2 “coindagati”, utilizzando, tra l’altro, le “dichiarazioni spontanee”
rese dalla Knox, invero del tutto inutilizzabili [..] in quanto rese senza le
garanzie difensive da parte di una persona che aveva già formalmente assunto la
veste di indagata.
- Sulla condotta dei
Giudici togati della Corte di Assise di Perugia:
a) "far assurgere a caratteristica significativa della
personalità di Raffaele l’aver visto un film hard o il fare collezione di
coltellini vuol dire isolare delle uniche circostanze, travisandole".
b) "se è vero come da Essi sostenuto che il Sollecito e
la Knox uccisero loro Meredith, sicuramente sporcandosi del suo sangue sì da
avere la necessità di lavarsi, come spiegare l’assenza di loro tracce
biologiche nelle stanza di Meredith e nel corridoio che conduce al “bagno
piccolo”. Di certo non potevano volare!"
c) "non verrà mai esaminato nel corso dell’intero
processo il filmato dalla telecamera posta nei pressi del parcheggio S. Antonio
che aveva registrato intorno alle 19,41 – 19,53 effettivi - il passaggio di un
soggetto somigliante per caratteristiche e ed abbigliamento al Guede né mai
sottoposto a rilievo genetico il sasso rinvenuto nella stanza della Romanelli e
che aveva rotto il vetro".
-Sulla condotta dei giudici togati della Corte di
Assise di Appello di Firenze:
a) "per i Giudici fiorentini, l’alibi degli imputati,
meglio quello offerto dalla Knox ed avallato dal Sollecito per il solo fatto di
non averlo mai smentito, è “falso”". La Corte "omette totalmente di
considerare che esso istante aveva un “suo” alibi che ne attestava,
inconfutabilmente, la presenza nell’appartamento di Via Garibaldi n.130".
b) " Checchè ne dica la Corte fiorentina, [...],siccome
lapidariamente statuito dalla Suprema Corte nel dictum che mandò definitivamente
assolti gli imputati, un dato era ed è assolutamente “certo”: le “regole
metodologiche”, per tali intendendosi le prescrizioni dettate dai protocolli
internazionali in materia di repertazione e conservazione, “non sono state
assolutamente rispettate”!!"
c) " “Basti considerare al riguardo” – stigmatizza, lo
si ripete, la Suprema Corte –" che " Il coltellaccio o coltello da
cucina, rinvenuto in casa del Sollecito e ritenuto arma del delitto, è stato
repertato e, poi, custodito in una comune scatole di cartone, del tipo di
quelle che confezionano i gadgets natalizi, ossia le agende di cui gli istituti
di credito, per consuetudine, fanno omaggio alle autorità locali. Più singolare
– ed inquietante – è la sorte del gancetto di reggiseno. Notato nel corso del
primo sopralluogo dalla polizia scientifica, l’oggetto è stato trascurato e
lasciato lì, sul pavimento, per diverso tempo (46 giorni), sino a quando, nel
corso del nuovo accesso, è stato finalmente raccolto e repertato".
d) "La Corte fiorentina trae elementi a conforto della
correità del Raffaele Sollecito nella commissione del delitto dalla sua assunta
“assenza di qualsivoglia collaborazione processuale” (sent. pag. 327). Trattasi
di affermazione tanto grave quanto infondata, costituente l’ennesima
affermazione dell’esistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente
esclusa dagli atti di causa. L’istante fu sempre presente durante tutti i vari
gradi di giudizio, rendendo plurime dichiarazioni spontanee a chiarimento di
numerosi eventi processuali".
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