«A Nisida insegno ai baby boss come diventare buoni cittadini»

di Valentina Stella Il Dubbio 5 aprile 2017

C’è anche una docente dell’Istituto penale per i minorenni di Nisida tra le cinque vincitrici della prima edizione del Premio nazionale per gli insegnanti, gemellato con il Global Teacher Prize di Dubai: si tratta di Maria Franco, docente di Italiano, Educazione civica, Storia. Nominata Cavaliere al merito della Repubblica dal presidente Napolitano nel 2011, la professoressa da 33 anni si occupa dei giovani reclusi «perché quando vinsi il concorso c’era a disposizione Nisida che corrispondeva molto ai miei interessi sociali». Da allora cerca con la cultura di dare una alternativa ai ragazzi e alle ragazze che hanno alle loro spalle pesanti esperienze di vita e che la criminalità spesso ha allontanato dalla scuola. Oggi insegna a circa 35 alunni. Per lei il premio - come racconta al Dubbio - non è solo motivo di soddisfazione personale ma è importante perché «si dà attenzione alla scuola in carcere che è una componente non piccola di tutto lo sforzo educativo. Si dà valore al lavoro che svolgiamo a Nisida, che è un carcere minorile di eccellenza, dove si punta, in linea con la Costituzione, a risocializzare i ragazzi». Oltre al prestigioso riconoscimento del premio, nato - come ha dichiarato la ministra Fedeli - ' con lo scopo di valorizzare il ruolo degli insegnanti nella società', alla professoressa e all’Istituto sono stati assegnati anche 30000 euro che saranno utilizzati per approfondire il Laboratorio di Scrittura «un progetto a cui collaborano autori napoletani importanti che ogni anno lavorano in classe con i ragazzi, rielaborano i loro scritti e poesie e ne fanno un racconto che poi noi pubblichiamo in un libro».
L’ultimo lavoro in ordine di tempo si intitola ' La Carta e la vita. Le ragazze e i ragazzi di Nisida raccontano la Costituzione': come cambia il concetto di giustizia nel tempo per questi ragazzi.
Per loro, se la giustizia viene identificata con lo Stato, allora lo Stato non è giusto, perché lo colgono soprattutto nel momento punitivo. Noi abbiamo un laboratorio di politica in cui i giovani reclusi incontrano personalità della politica, della cultura con cui affrontano i temi della cittadinanza attiva e della legalità. Nel tempo il ragazzo può farsi una idea più articolata dello Stato negli aspetti migliori. Quello che può comprendere studiando la Costituzione è che la cattiva applicazione della norma non inficia la norma stessa. Che il nostro Stato democratico non riesca ad essere sempre come si prefigge non comporta che non bisogna tendere ai suoi principi e doveri. Il carcere è un luogo in cui il rispetto della norma deve essere assoluto.
Quali sono le domande più frequenti che i ragazzi pongono agli ospiti, tra cui ricordiamo l’ex presidente Napolitano, il ministro Orlando, la presidente della Camera Boldrini?
Di solito esprimono la loro rabbia soprattutto per la mancanza di lavoro che li costringe spesso ad andare via da Napoli. E poi sottolineano che si punta spesso il dito contro di loro ma poi a sbagliare molte volte sono pro- prio i politici. Esprimono quelle tensioni appartenenti anche ai comuni cittadini. Sulla questione lavoro e risocializzazione si è rivolta al sindaco de Magistris per sapere le reali possibilità che offre la città per questi ragazzi.
Ci sono enormi difficoltà per il reinserimento dei ragazzi perché una volta usciti da Nisida tornano in un ambiente che è esattamente quello da cui sono arrivati, in una realtà dove i problemi di lavoro sono presenti per tutti e in particolare per loro. E sono sottoposti poi a stimoli non positivi. Una società che voglia definirsi civile deve fare il massimo sforzo nella fase di prevenzione, costruendo nel territorio una rete di servizi sociali che possano essere di sostegno alla crescita, soprattutto nelle periferie e dove le condizioni ambientali non sono particolarmente favorevoli. Il problema è che la realtà sociale di Napoli resta molto sotto le necessità dei ragazzi.
Esiste anche un problema culturale?
Sicuramente sì, i ragazzi devono fare una forte operazione di modificazione delle loro attese, delle loro aspettative, altrimenti non possono mutare la loro esistenza. Nessuna persona che ha i guadagni che hanno loro con azioni illegali può, se non cambia la propria visione delle cose, accettare un lavoro onesto.
I cosiddetti ragazzi di paranza infatti vogliono tutto, subito e senza fatica. Come può la cultura essere più forte del potere e dei soldi facili? Lo sforzo è quello di dare loro la possibilità di misurarsi anche con il gusto del bello, della comprensione, della conoscenza. Non è una operazione né immediata né facile.
Come abbattere il muro che divide voi insegnanti dai baby boss?
Questa è la sfida grande che ci troviamo ad affrontare a 360 gradi: qui ci sono insegnanti, formatori professionali, maestri di laboratori di teatro e musica. Quello che noi facciamo è proporre ai ragazzi cose altre, rispetto a quello che hanno conosciuto fino a quel momento: dalla poesia agli articoli di giornale, dal libro allo stare in scena. E fargli sperimentare che esiste un modo diverso con cui si può affermare la propria identità. Molti sono vissuti in un certo modo e credono che quella maniera di vivere sia l’unica che potranno portare avanti. Credono che la loro vita sia determinata da un destino e noi dobbiamo dare loro gli strumenti per invertire questo concetto.
E questo succede spesso?
Un mio ex alunno qui a Nisida mi chiama dopo 20 anni e mi dice ' io allora non capivo, poi mi sono reso conto che le ore trascorse insieme sono state decisive affinché io prendessi un’altra strada'. E poi ci sono i ragazzi che hanno voluto continuare a studiare e quelli che lavorano, molti anche fuori dall’Italia. Ma c’è l’altro lato della medaglia: alcuni usciti da Nisida sono morti durante una rapina o sono finiti in carcere da maggiorenni con pene molto alte.

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