Valentina Stella 25 marzo 2025
È un caso che rischia di ridursi a una bolla di sapone, quello della possibile re- introduzione dell’illecito disciplinare per le toghe che prendono pubblicamente posizioni politiche, o che partecipano a eventi politici in cui si discutono riforme della giustizia, assumendo atteggiamenti di forte contrapposizione all’Esecutivo. Negli ultimi giorni alcune testate hanno anticipato una risposta del guardasigilli Carlo Nordio a un’interrogazione parlamentare presentata nello scorso novembre dal presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri, in cui si legge che «resta tema centrale per questo governo l’eventuale reintroduzione nel nostro ordinamento, tra i doveri del magistrato ( anche con una diversa modulazione pienamente aderente al principio di tipicità degli illeciti disciplinari), del divieto di “… tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria…” ». Il pretesto per l’atto di sindacato ispettivo era stato offerto al capogruppo degli azzurri dal fatto che l’ex presidente Anm Giuseppe Santalucia avrebbe continuato a «esporsi su ogni argomento», a organizzare «assemblee politico- partitiche, come quella di Bologna con magistrati e cittadini, determinando eventi difficili da inquadrare in una normale attività dell’associazione dei magistrati». Ma nel mirino di Gasparri erano finite pure prese di posizione delle toghe progressiste come Silvia Albano e Marco Patarnello. Da ultima, la partecipazione dell’ex segretario di AreaDg, e già leader dell’Anm, Eugenio Albamonte a un dibattito organizzato da un circolo del Pd romano insieme alla responsabile Giustizia dem Debora Serracchiani proprio sulla riforma dell’ordinamento giudiziario.
Tuttavia, da via Arenula si fa notare come la re- introduzione dell’illecito disciplinare in questione resti, al momento, un’ipotesi di lavoro, non destinata a essere tradotta a breve in un disegno di legge. A conferma di ciò, sono arrivate le parole del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro a margine della presentazione del video per il 208esimo anniversario della fondazione del Corpo della Polizia penitenziaria: «Non è allo studio: siamo concentrati sulla riforma costituzionale».
È dunque remota la possibilità di rivedere una norma, già prevista dal governo Berlusconi IV e poi abrogata, che definisca un illecito disciplinare per i magistrati ritenuti troppo politicizza-ti.
Nel gover-no non c’è interesse a produrre ulteriori tensioni con l’Anm, già sulle barricate per la separazione delle carriere, e a lasciare ai magistrati il pretesto di dire ai cittadini, durante la campagna referendaria contro la riforma, che l’Esecutivo vuole imbavagliare la libertà di espressione delle toghe. La partecipazione dei magistrati agli eventi politici è anche l’oggetto di un punto all’ordine del giorno nella prossima riunione del “parlamentino” Anm. È stato sollecitato dal gruppo di Magistratura indipendente, in particolare da Gerardo Giuliano, che spiega al Dubbio: «Siamo fermamente contrari all’introduzione di illeciti disciplinari, poi del punto all’odg discuteremo nel comitato direttivo centrale con gli altri gruppi, rappresentando il nostro punto di vista». I vertici di Mi, Claudio Galoppi e Loredana Micciché, per adesso preferiscono il “no comment”. C’è allora da chiedersi quanto la volontà del governo, seppur lontana, di disciplinare le uscite pubbliche delle toghe possa depotenziare l’iniziativa della corrente moderata, che deve già fare i conti con la posizione contraria di AreaDg e Md. La spinta ad inserire formalmente un’autodisciplina interna potrebbe venir meno nel momento in cui occorre prendere una posizione unitaria contro la eventualità, pur lontana, del nuovo illecito disciplinare. Aprire crepe dentro l’Anm potrebbe consentire al governo di sostenere che anche una parte delle toghe in fondo è consapevole del problema, benché proponga contromisure “deontologiche” e non propriamente disciplinari. Va detto che nel panorama delle correnti, la linea del presidente Anm Cesare Parodi comincia a smussare in un modo o nell’altro i contrasti fra i gruppi, fra il suo e le componenti progressiste. Sebbene si tratti di tregua armata e non di pace vera.
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