Intervista ad Andrea Reale

 Valentina Stella Dubbio 29 marzo 2025

Andrea Reale, magistrato, membro del Comitato Direttivo Centrale dell’Anm nel gruppo dei CentoUno, perché stigmatizzare con una nota il fatto che non abbiate fatto parte della delegazione che ha incontrato il presidente Mattarella? Da prassi non viene ricevuta sola la Giunta?

In verità, la prassi corretta era quella antecedente alla presidenza Santalucia, quella secondo cui, ad ogni rinnovo del Cdc, il Capo dello Stato riceve, oltre al Presidente e al Segretario Generale, un rappresentante di ciascuno dei gruppi associativi dentro l’Anm. L’assetto statutario dell’Associazione individua nel Cdc l’organo deliberativo permanente. L'Anm non è un’aggregazione politica, e i rapporti tra la Giunta e il Cdc non sono assimilabili a quelli che esistono, per fare un esempio comprensibile, tra Governo e Parlamento. Non possiamo non stigmatizzare, dunque, il metodo illiberale adottato da questa Giunta, che trascura di coinvolgere negli incontri istituzionali uno dei gruppi che formano il Cdc, appropriandosi di un ruolo decisionale che lo Statuto non le riconosce. Peraltro, questa Giunta non ha neanche presentato un programma quando si è formata. La sua inesperienza in tema di galateo istituzionale si è resa evidente in occasione del recente incontro con la premier Meloni e il Ministro Nordio, allorquando è giunta all’appuntamento istituzionale con una bozza di punti programmatici autonomamente elaborati senza alcuna interlocuzione con il Comitato direttivo centrale. Una Giunta esclusiva piuttosto che esecutiva.

Scrivere che l’Anm non è unitaria non potrebbe essere un modo per indebolirla proprio in questo momento così particolare in cui la magistratura nella sua maggioranza sente la necessità di essere e apparire compatta per affrontare le riforme politiche?

L’Anm è debole da anni, per la sua incapacità di una seria autocritica e di una efficace autoriforma a fronte dei danni causati da decenni di degenerazioni correntizie e di abusi e lottizzazioni correntizie dentro il Csm. Abbiamo tentato di sposare una linea unitaria con le correnti, condividendo la preoccupazione della base sulla riforma, ma ci siamo arresi a fronte del "corporativismo autoreferenziale" che induce le correnti a respingere qualsiasi tentativo, anche salutare, di riformare il ‘Sistema’.

Lei crede che se adesso si facesse nuovamente un referendum consultivo interno tra le toghe pro o contro sorteggio al Csm si avrebbero gli stessi risultati del 2022?

Non è importante ciò che credo. Quello che so è che, dall'esplosione dello scandalo del 2019, nessun vero tentativo di autoriforma è stato fatto per frenare il correntismo. Il metodo del sorteggio temperato suggerito dal referendum consultivo resta, pertanto, l'unica efficace proposta in grado di sradicarlo. 

Non pensa che alle ultime elezioni del Cdc il suo gruppo abbia pagato in termini di voti proprio per il fatto di volersi sempre distinguere su questo punto?

Al contrario. Abbiamo pagato lo scotto dell'alleanza con le correnti. La via unitaria della magistratura associata ha giovato solo a loro, però: ci hanno strumentalizzato, insinuando nei colleghi il sospetto di collateralismo alla politica, o, peggio, che avessimo deciso di rinnegare il sorteggio, così tradendo il mandato ricevuto dai nostri elettori. I giovani, invece, si sono fatti irretire dalla paura dell’introduzione del sorteggio secco.   

Se nell’ultimo Cdc si fosse votata la mozione di fiducia verso il presidente Cesare Parodi lei cosa avrebbe fatto?

 Noi   diamo la fiducia a chi garantisce la democrazia interna.  Dovrebbe rivolgere questa domanda alle correnti forti, non a noi. A mio parere la Giunta si sfiducerà da sola. In essa convivono anime troppo differenti: quella militante, che vorrebbe che l'Anm agisse come un contraddittore politico del Governo, e quella moderata, che vorrebbe percorrere la via della mediazione.

Condivide la proposta di Mi di autoregolamentazione interna rispetto alla partecipazione dei suoi colleghi agli eventi di partito?

Se essa è coerente con la declinazione delle modalità di manifestazione del pensiero dei magistrati prevista dal codice deontologico, mi troverà d’accordo. Se, invece, si traducesse in un self-restraint di un diritto fondamentale del cittadino-magistrato, come tutelato dalla Corte Costituzionale e dai Trattati internazionali cui l'Italia aderisce, certamente mi opporrò. Un conto è la libertà di pensiero e di critica, altro discorso è invocare questa libertà per finalità di battaglia politica, come cerca di fare una parte della magistratura associata.  

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