«Roma, il tribunale di Sorveglianza è diventato un girone infernale»

di Valentina Stella Il Dubbio 25 luglio 2019

Al tribunale di Sorveglianza di Roma si assiste ad una “intollerabile situazione che da tempo contraddistingue l’esercizio delle legittime prerogative difensive”. È la denuncia del direttivo della Camera penale di Roma in un documento di protesta e proposta depositato ieri presso gli uffici competenti. I penalisti romani contestano il fatto che i difensori siano impossibilitati a conoscere l’esisto delle istanze, ad interloquire con i magistrati che spesso rifiutano di interagire con loro, ad esaminare compiutamente i fascicoli presso le segreterie. “Per non parlare dei tempi infiniti di attesa per l’istruttoria delle pratiche, dietro le quali è bene ricordare, ci sono persone in attesa di giustizia” precisano in una lettera gli avvocati Vincenzo Comi e Giuseppe Belcastro, rispettivamente vicepresidente e consigliere della Camera penale. Poi per avere accesso alle informazioni occorre attendere ore il proprio turno in condizioni di assoluto disagio, in un angusto e torrido corridoio senza neppure sedili a sufficienza. “In questi ultimi giorni – accusano Comi e Belcastro - sembrava un girone infernale con un unico impiegato allo sportello a causa delle ferie degli altri addetti”.

Sul versante delle udienze le cose non vanno meglio, in quanto spesso i legali sono costretti a comprimere i tempi dell’intervento difensivo in ragione del numero elevato delle cause. Tale situazione è sicuramente connessa a una carenza di personale e di magistrati di ruolo ma – si legge nell’atto del Direttivo - ciò finisce per “rappresentare una semplicistica e inaccettabile giustificazione” di un problema che è invece di natura politica: “lo stato di abbandono impedisce di dare attuazione all’ordinamento penitenziario con le misure alternative, i permessi premio, le decisioni tempestive sulla liberazione anticipata”.

Stando così le cose, nello stato di collasso del tribunale di Sorveglianza, sarà più semplice garantire la “sicurezza” facendo- come si usa dire oggi - marcire i detenuti in galera’”, chiosano sempre i penalisti. Non essendo più tollerabile una situazione in cui i diritti e le prerogative della difesa e degli stessi condannati siano così calpestati e in cui ogni segnalazione o denuncia fino ad oggi è caduta nel vuoto, il Direttivo chiede con urgenza di affrontare seriamente il problema.

Il dialogo con la presidente del Tribunale, Maria Antonia Vertaldi, è aperto ma occorre fare molto di più, “giungendo finanche a stimolare un intervento congiunto presso il ministro della Giustizia”. Prima che la riforma diventi strutturale, il Direttivo propone alcune soluzioni immediate e praticamente a costo zero: installazione di due postazioni fisse per assumere le informazioni necessarie sul procedimento o sull’esito di istanze, senza dover fare le interminabili file e senza passare dall’unico cancelliere disponibile; inviare le istanze tramite posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo ricevere informazioni o la notifica dei provvedimenti. “Il Tribunale di sorveglianza – concludono i penalisti - è l’organo preposto al controllo sulla legalità dell’esecuzione della pena. Non tollereremo che diventi, per i condannati degli istituti penitenziari del Lazio, pena nella pena”.

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