La favola della bimba e del gatto “prigioniero”

di Valentina Stella Il Dubbio 13 settemnbre 2017

Nella casa di reclusione di San Michele di Alessandria l’arte prende forma in una graphic novel dal titolo “Secureworld”: la storia è quella di bambina che smarrisce il suo gatto. L’animale si infila all’interno del carcere e viene adottato dai detenuti. La diffidenza iniziale della piccola e soprattutto della sua famiglia viene superata quando un detenuto racconta la sua storia e si prende cura del piccolo felino. Il finale non lo sveliamo, con la speranza che “arrivi presto un editore”, racconta al Dubbio Valentina Biletta, illustratrice e autrice che ha coordinato il progetto. Una quindicina di detenuti hanno lavorato alla realizzazione del fumetto: «All’inizio non sapevano cosa aspettarsi, alcuni hanno lasciato, altri sono rimasti entusiasti e hanno contribuito anche a riscrivere la storia insieme ad alcuni alunni di quinta elementare della scuola Galileo Galilei». Le tavole incise su legno con la tecnica della xilografia sono state portate anche fuori dal carcere, in mostre ed esposizioni. «Si tratta di un vero lavoro manuale che richiede forza e pazienza». Molti detenuti hanno lunghe pene da scontare e hanno il tempo per dedicarsi
a lavori che richiedono tempo, altri purtroppo sono costretti ad abbandonare a causa dei trasferimenti. L’iniziativa nasce grazie all’arti- sta Piero Sacchi dell’associazione Ics onlus che dirige da anni una decina di laboratori nelle due carceri di Alessandria, coinvolgendo un centinaio di detenuti in attività artistiche. Al Dubbio traccia una fotografia di quello che fanno dietro le sbarre: «A San Michele siamo in un grande locale attrezzato con computer, e con tutti gli strumenti per fare pittura, fotografia e incisioni, quindi anche un torchio. Siamo aperti dal lunedì al venerdì, mattina e pomeriggio. La nostra produzione è di alto livello, partecipiamo ai Saloni del Libro, e la nostra mostra fotografica gira per tutta la penisola. Abbiamo intrapreso dei percorsi trattamentali che dovrebbero portar fuori i detenuti ma per carenze strutturali all’interno degli istituti di pena questo non avviene spesso». Ma il pittore ci tiene a precisare: «Non ho la filosofia di redimere nessuno, né quella di sostenere che l’arte è terapeutica. Il problema di qualsiasi persona, quindi anche del detenuto, è quello di esprimersi. Siamo dei laboratori artigianali, non propiniamo delle lezioni ex cathedra, noi lavoriamo con loro e diamo strumenti culturali e
umani che li cambiano, che li fanno entrare in un percorso di vita diverso. Soprattutto i collaboratori di giustizia iniziano questo percorso di cambiamento e si rimettono in discussione». Dal 2016 la stamperia artistica all’interno del carcere è attiva per stampe d’arte, stage di incisione, produzione di xilografie di grosso formato. «Vorremmo anche far trovare sbocchi lavorativi ai detenuti. Tra i progetti c’è anche quello di stampare immagini per packaging - conclude Biletta Ad esempio, i loghi per il panificio attivo all’interno del San Michele che potrebbero essere stampati sui sacchetti del pane».

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