Intervista a Enrico Grosso

 Valentina Stella Dubbio 10 novembre 2025

 

Enrico Grosso, costituzionalista, avvocato e presidente onorario del “Comitato per il No” dell’Anm, come spiegherebbe ad un cittadino di cultura media perché è “Giusto dire No”?

Tutte le costituzioni, da più di due secoli, affidano alla giurisdizione il compito di arginare la naturale tendenza della politica ad abusare del potere di cui dispone. Per questo alla magistratura devono essere garantite piena ed effettiva autonomia e indipendenza dal potere politico. Altrimenti non riesce ad esercitare davvero quel compito essenziale. E a pagarne le conseguenze sono i cittadini. Quando è indebolita l’autonomia del potere giudiziario dal potere politico i cittadini vedono drasticamente ridursi gli spazi di tutela dei loro diritti: lo Stato costituzionale è stato inventato per limitare il potere e assoggettarlo al diritto. Solo magistrati autonomi e indipendenti da ogni altro potere possono assolvere a questo essenziale compito. Ma l’autonomia non basta proclamarla in astratto. Occorre poi preservarla in concreto, giorno per giorno. Indebolire il CSM significa indebolire l’autonomia della giurisdizione. E quindi indebolire la tutela concreta dei diritti dei cittadini.


La maggioranza degli avvocati -  penso all’Ucpi, al Cnf e a tante altre associazioni forensi -  si è espressa per il Sì. Secondo lei l’avvocatura ha sbagliato a schierarsi in questo modo?

A me non risulta affatto che “l’avvocatura” sia schierata per il sì. Ricevo quotidianamente decine di messaggi da avvocati, anche penalisti, che mi chiedono come possono dare una mano alla campagna per il no. Moltissimi sono preoccupati perché si rendono conto che un giudice debole avrà molta più difficoltà a rendere giustizia con imparzialità e senza guardare in faccia a nessuno.


Per il sottosegretario Alfredo Mantovano la “magistratura blocca sicurezza, espulsioni, Ilva”. Sono “invasioni di campo che devono essere ricondotte”. Come replica?

È la dimostrazione lampante che le nostre preoccupazioni sono fondate. Il ministro confessa che la volontà è proprio quella di mettere in riga i magistrati. Non vogliono una magistratura indipendente, perché una magistratura indipendente ha la forza di esercitare il controllo di legalità anche rispetto alle decisioni del governo.


Scrive Augusto Barbera sul Foglio: “Un Consiglio superiore con compiti, di 'garanzia' non dovrebbe svolgere funzioni di 'rappresentanza'", né del Parlamento né dei magistrati. Cadono pertanto le obiezioni (quelle giuridiche almeno) al “sorteggio” dei componenti dei due Csm, fondate invece qualora dovesse trattarsi di eleggere “rappresentanti”. Condivide?

Non condivido affatto. L’elezione non serve soltanto a costruire rappresentanza. È in primo luogo uno strumento di scelta consapevole, serve quindi soprattutto a selezionare chi sia più adatto e meglio attrezzato a svolgere i delicatissimi compiti di alto rilievo costituzionale di cui stiamo parlando. Il sorteggio è uno strumento svilente e deresponsabilizzante, del tutto inidoneo a garantire un livello minimo di competenza e idoneità all’esercizio delle complesse funzioni cui il sorteggiato è destinato. L’elezione serve a scegliere i migliori, il sorteggio affida invece la selezione al caso. È un anello essenziale di una complessiva strategia di delegittimazione e di indebolimento del ruolo costituzionale del CSM.


Lei si sente di assicurare e rassicurare che attualmente le correnti siano solo gruppi culturali interni alla magistratura e non centri di spartizione del potere?

La questione è complessa. Andrebbe discussa con serietà ed equilibrio. Tutti conosciamo le vicende di cronaca che, nel recente passato, hanno portato alla luce modalità patologiche di funzionamento del CSM, con il rischio che fosse messo a repentaglio il prestigio stesso dell’ordine giudiziario e la posizione di indipendenza che la Costituzione gli assegna. La magistratura ha saputo far pulizia al proprio interno, e questo lo dimostrano i fatti. Va tuttavia mantenuta ferma la distinzione tra il valore prettamente costituzionale del pluralismo associativo della magistratura e la sua versione degradata che viene definita “correntismo”. Il pluralismo della magistratura, inteso come “pluralità dei punti di vista” è dunque tratto ineliminabile e costituzionalmente garantito della sua attività, non ha nulla a che fare con il “correntismo”.

 

I sostenitori del ‘No’ ripetono che la riforma della separazione delle carriere condurrà alla perdita di autonomia e indipendenza della magistratura. Eppure il nuovo art. 104 ribadirà questo principio. Le toghe sono cadute nella fallacia del pendio scivoloso? O sono in malafede come dice, ad esempio, Antonio Di Pietro?

Non basta proclamare in astratto un principio se non è sostenuto da un sistema di regole che ne garantiscano l’effettività. Scrivere in Costituzione che la magistratura è indipendente, se quel principio è privato dello strumento pratico che quotidianamente quell’indipendenza difende e assicura, non serve a nulla. È ipocrita continuare ad affermare che “l’articolo 104 non viene toccato”. Viene toccato eccome! La radicale modifica della natura e del ruolo costituzionale del CSM, attraverso lo stravolgimento del testo dell’articolo 104 come esso era stato elaborato dai costituenti, mette in discussione proprio la tenuta pratica di quel principio di autonomia e indipendenza del potere giudiziario dal potere politico, che proprio nel CSM trova il suo presidio, e che resterebbe in Costituzione come una specie di simulacro indifeso.


Da ambo le parti si scomodano i morti: Falcone, Gelli, Dino Grandi, Vassalli. Secondo lei la campagna si vince così?

I morti li lascerei davvero in pace. Però mi lasci dire una cosa. Si parla spesso di “uso politico della storia”. Molti apologeti del sì stanno cinicamente facendo un uso politico della memoria e della biografia. Si pretende di chiamare in causa persone che non ci sono più, come Giuliano Vassalli, per la cui storia personale di studioso, antifascista e partigiano, di statista, ho il massimo rispetto, presupponendo che egli, se oggi fosse vivo, esprimerebbe le stesse idee professate trenta o quarant’anni fa. Lo si strumentalizza ai propri fini, ben sapendo che non gli è concesso alcun diritto di replica.


Lei teme una campagna feroce, fatta di colpi bassi? 

Auspico una campagna di informazione seria, equilibrata, che rispetti i cittadini e li tratti da adulti.


I sondaggi danno in vantaggio il Sì. Pensa che la partita sia ancora aperta?

La partita non è ancora cominciata. La forza dei nostri argomenti, se ci sarà data la possibilità di spiegarli con calma, pacatezza e serietà, alla fine non potrà che emergere e prevalere sugli slogan semplificati che stiamo sentendo in questi giorni.

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