Stop alla fake news con una legge dal basso
di Valentina Stella Left 5 aprile 2019
Da
pochi giorni è in libreria “Non è vero ma ci credo Come le fake news inquinano
la democrazia” di Giuseppe Cricenti – Consigliere della Corte Suprema di
Cassazione - e dell’avvocato Fernando
Gallone (Armando Editore, 2019, pag 144, Euro 15). Un saggio di grande
attualità, se solo si pensa che a due mesi dal voto europeo l’Unione Europea
sta attrezzandosi come meglio può per contrastare il fenomeno: rafforzando la task
force East StratCom, creata nel 2015 per rispondere alla propaganda russa, e
chiedendo maggiori sforzi a Facebook, Google e Twitter per combattere la diffusione della
disinformazione. Il nostro Paese sembra soffrire più degli altri di tale
problematica e le cause sono molteplici. Il libro di Cricenti e Gallone va ad
analizzare i processi di creazione e diffusione delle fake news ma soprattutto
come ciò influenza le nostre vite quotidiane e la possibilità di votare
consapevolmente. Le soluzioni? Guardare al modello tedesco.
Dottor
Cricenti, il presidente
Giuseppe Conte il 5 giugno 2018 in Senato ha detto: "se il populismo è
l'attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, e
prendo spunto dalle riflessioni di Dostoevskij, se anti-sistema significa
mirare a introdurre un nuovo sistema che rimuova vecchi privilegi e
incrostazioni di potere, bene, queste forze politiche meritano entrambe queste
qualificazioni". L'introduzione del libro parte proprio da qui per
arrivare alle visioni alternative alla realtà sorrette dal 'bisogno della
gente'. La domanda è: qual è il legame tra il populismo imperante in questo
periodo politico e il fenomeno delle fake news?
Il
legame è molteplice. Da un lato, il populismo è in parte mantenuto dalla fake
news, e succede quando capiscuola o leader promuovono certe affermazioni o
certi comportamenti e la gente li segue. Per altro verso opera un fenomeno
descritto da Cass Sunstein come di polarizzazione dei gruppi, nel senso che la
fake news circola all’interno di gruppi che hanno idee simili, e così si
rafforza la convinzione sbagliata.
Per
altro verso ancora il populismo è alimentato dalle fake news attraverso
versioni alternative della realtà, che vengono spacciate per altrettanto vere,
e che quindi alimentano la convinzione di essere comunque nel giusto. Se è
falso che un tale abbia insegnato alla Università di New York, non importa, si
fornisce una spiegazione alternativa dicendo che c’è stato comunque, perché non
gli hanno negato accesso alla biblioteca, e vale lo stesso. La versione
alternativa funziona anche da giustificazione etica, perché in tal modo
si evita di etichettare come mentitore chi falsifica i curricula, ad esempio,
dando delle sue esperienze una giustificazione. Il populismo trova dunque nella
versione alternativa la sua strategia epistemologica, di conoscenza della
realtà.
Avvocato
Gallone,
quanto è pericoloso al momento il fenomeno delle fake news?
È pericolosissimo, perché di fatto sta influenzando
pesantemente il dibattito politico - ma anche scientifico - nel nostro Paese.
Ma ciò che lo rende così pericoloso è proprio il fatto che venga del tutto
sottovalutato. Negli altri Stati esiste lo stesso problema, tuttavia, già da
qualche tempo le altre nazioni si sono messe al lavoro per introdurre strumenti
capaci di arginare il fenomeno e limitarne i danni. Da noi ciò non accade, ed è
proprio questo che deve preoccuparci. Ovviamente non si può pensare che la
classe politica dominante si attivi per risolvere il problema, se è proprio questa
stessa classe dominante a trarre i maggiori benefici dalla disinformazione
dilagante.
Dottor
Cricenti,
scrivete che 'ignorante è bello' oggi è uno slogan che si può assegnare ai
movimenti populisti. Può spiegare meglio? E non si rischia con questa espressione
di rafforzare l'atteggiamento anti-casta?
Di certo
una delle speculazioni degli agitatori del populismo è di far passare
l’esigenza di competenza come una pretesa della casta. Ma bisogna insistere su
un punto. Cosa è la casta. La casta è niente altro che il ceto delle persone
competenti: un bravo manovale ne fa parte, un docente universitario
raccomandato, no. L’idea della casta come di un ceto che usurpa diritti del
popolo è chiaramente una costruzione retorica. Bisogna impedire che la decostruzione
del concetto di competenza sia portata a termine dalle ideologie populiste. La
strategia populista è stata fino ad ora quella di far credere alla gente il
bisogno di emanciparsi da visioni del mondo imposte dalla casta, e questa
emancipazione dalle visioni imposte è avvenuta attraverso la predisposizione di
verità alternative, ossia di visioni alternative a quelle ufficiali, quasi
sempre false o scientificamente infondate.
Avvocato
Gallone,
tra le cause del diffondersi delle fake news c'è sicuramente l'analfabetismo
funzionale. Nel testo riportate anche un recente sondaggio Ipsos per cui
l'Italia, nell'indice di ignoranza, intesa come errata conoscenza della realtà,
si colloca al primo posto tra i Paesi europei. Qual è l'origine di tale fenomeno
e come arginarlo? E oltre a questo perché spopolano le false notizie?
L'analfabetismo funzionale è una gravissima piaga del nostro
Paese. È chiaro che in tale situazione puntare sulla diffusione delle fake news
risulti estremamente
conveniente, ed infatti è proprio ciò è accaduto in politica
negli ultimi anni e continua tuttora. Le cause dell'analfabetismo funzionale
sono strutturali e hanno a che fare anche con il nostro metodo di istruzione
scolastica, ancorato ad una vecchia concezione seconda la quale si studia sino
al conseguimento del diploma o della laurea e poi si lavora per il resto della
vita. Questo metodo scolastico andava bene sino al secolo scorso, quando la
realtà che ci circonda si modificava molto più lentamente. Oggi non è più così.
Si pensi ai repentini progressi in ambito tecnologico. L'Unione Europea da
oltre vent'anni, attraverso un'apposita direttiva, promuove il Lifelong
learning ossia l'apprendimento permanente nel corso della
vita. L'Italia è fra le poche nazioni che non si sono impegnate in questo
ambito. Da qui probabilmente deriva l’elevato tasso di analfabetismo
funzionale. La soluzione è quella di favorire la conoscenza e l'apprendimento
in ogni modo ed in ogni ambito. È un percorso lungo ed impegnativo, tuttavia,
al momento nel nostro Paese non sembra esserci alcuna volontà di fare qualcosa
in tal senso.
Dottor
Cricenti,
l'articolo 21 della Costituzione prescrive: "Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni
altro mezzo di diffusione." Lei precisa che è indiscutibile che tale
articolo non tuteli il diritto alla menzogna. Quali sono dunque gli eventuali
limiti al diritto di opinione?
I limiti al diritti di opinione, tradizionalmente intesi,
sono quelli posti dalla tutela dei diritti individuali: non ledere cioè
interessi specifici di singoli o di gruppi. Le fake news solo in minima parte
sono balle che ledono interessi individuali, piuttosto ledono l’interesse
collettivo alla verità dei fatti, alla correttezza dell’informazione, ed è su
questo punto che è ancora da verificare quali siano i limiti alla libertà di
opinione. Il fatto che una fake news non leda alcun interesse individuale (la
reputazione, la riservatezza ecc.) significa che rientra sicuramente nella
libertà di manifestazione del pensiero, o piuttosto è da porre un limite al
diritto di dire balle? In un certo senso la prima tesi è propria della teoria
del marketplace delle idee.
Avvocato
Gallone, anni
fa si è occupato dei rapporti di lavoro di dipendenti di un importante partito
politico. Tra loro 4 pseudo giornalisti incaricati di fabbricare notizie false.
Secondo Lei quanto è diffuso il fenomeno in politica?
In politica l’utilizzo delle fake news è diffusissimo, al
punto che oggi potrebbe essere considerato il modo più efficace per raccogliere
consenso elettorale, e dunque voti. In Italia ciò si sta rivelando in tutta la
sua drammaticità più che altrove. È un cane che si morde la coda. Maggiore è il
consenso elettorale che si ottiene diffondendo fake news, maggiore sarà
l’interesse a diffonderle. Occorre, dunque, interrompere questo circolo
vizioso. Da un lato occorrono strumenti per contrastare e limitare la diffusione
delle fake news, migliorando così la qualità dell’informazione circolante,
dall’altro occorrerebbe disincentivarne la diffusione. Ciò si ottiene soltanto
facendo sì che i cittadini imparino a riconoscere le notizie false da quelle
vere, in modo che diffondere le fake news diventi poco conveniente se non del
tutto inutile. Debellare il fenomeno è quasi impossibile. Portarlo entro
livelli accettabili, invece, è possibilissimo. Diverse nazioni lo hanno già
fatto, quindi sarebbe ora che iniziassimo a provarci anche noi.
Dottor
Cricenti,
per Lei il 'libero confronto delle idee non ha impedito di accettare la tesi
della segregazione razziale, che era una pessima idea, e che dal confronto nel
libero mercato avrebbe dovuto uscire soccombente, ed invece alcuni suoi
(sbagliati) presupposti vengono ancora oggi accettati'. Quali sono dunque le
debolezze del libero mercato delle idee e quale l'alternativa valida?
Il limite principale della teoria del mercato delle idee è
che non c’è qualcosa, nella realtà, come un mercato delle idee, ma semmai
vi sono tanti mercati, ciascuno per una determinata classe di idee. Ossia c’è
un mercato delle opinioni politiche, delle idee scientifiche, dei fatti di
cronaca, e via dicendo, e si può agevolmente notare come l’idea del marketplace
non corrisponde mai alla realtà. Nella realtà le idee, prima di essere
divulgate, si vagliano: nessun direttore di giornale consente di pubblicare una
idiozia o una falsità sperando che nel libero dibattito che ne segue sarà
smentita, e cosi è per le idee scientifiche che pure subiscono un controllo
preventivo di fondatezza, e via discorrendo. In conclusione l’idea che esista
un mercato delle idee dove la verità prevale alla fine di un libero dibattito è
puramente retorica.
Avvocato
Gallone, quali
sono le soluzioni e le misure giuridiche che proponete di mettere in atto per
combattere la situazione?
Le iniziative possibili sono strettamente legate al
miglioramento qualitativo del dibattito politico. In Italia si parla
esclusivamente di par condicio, come se il problema sia legato
esclusivamente alla quantità di informazioni politiche circolanti e non anche
alla qualità delle stesse. Su questo si potrebbe fare molto, eppure sinora non
si è fatto niente. A breve lanceremo un’iniziativa volta alla redazione di una
proposta di legge di iniziativa popolare che introduca strumenti utili a
contrastare questo fenomeno. Si tratta di strumenti che hanno già dato
risultati positivi in altre nazioni. Tra questi, per citarne solo uno,
l’istituzione della "giornata nazionale di alfabetizzazione digitale"
nella quale in ogni scuola di ordine e grado e nei luoghi di lavoro, esperti di
comunicazione digitale spieghino come riconoscere le fake news interpretando
correttamente le notizie che circolano in Rete. L’iniziativa non può che essere
“popolare” per le ragioni su indicate, ossia che ben difficilmente la classe
politica dominante si attiverebbe su questo fronte. Confidiamo comunque nel
fatto che partiti e movimenti estranei a queste metodologie comunicative appoggino
la nostra iniziativa, puntando all’approvazione di una legge che si occupi
finalmente del miglioramento della qualità dell'informazione.
Dottor
Cricenti,
per qualcuno restringere la libertà di diffondere notizie significherebbe
restringere anche quelle vere. Si tratta di quello che Lei descrive come il
chilling effect. Come rispondere a questa critica?
Rispondo alla critica con la semplice affermazione che
vietare di divulgare falsità non significa affatto vietare di divulgare verità,
e che spesso la distinzione tra un fatto falso ed uno vero è intuitiva, e non
può giustificarsi l’idea che la difficoltà di discernere tra vero e falso debba
impedire di vietare il falso. E questa obiezione vale non solo per i fatti, che
spesso si lasciano apprezzare facilmente, ma anche per le teorie scientifiche
fasulle che, nella maggior parte dei casi, sono facilmente riconoscibili.
Avvocato
Gallone, nel
testo viene detto che "Il voto popolare è libero solo quanto è pienamente
consapevole". Riecheggia in questa espressione Einaudi e il suo 'conoscere
per deliberare'. Le fake news sono ormai uno strumento potentissimo di
propaganda politica. Nel libro vi chiedete dunque se il voto popolare sia
ancora libero. Che risposta vi siete dati?
La domanda che ci poniamo nel libro - in realtà - è retorica.
Nel momento stesso in cui abbiamo deciso di scrivere questo libro, lo abbiamo
fatto proprio perché ritenevamo già che il voto non fosse pienamente libero.
Spieghiamo meglio. In Italia il voto è senz’altro libero, nel senso che ciascun
cittadino vota liberamente chiunque desideri votare. E su questo non vi sono
dubbi. Tuttavia, affinché il voto possa dirsi pienamente libero, occorre non
solo che sia spontaneo, ma anche che sia consapevole. Su quest’ultimo punto si
incentrano tutte le nostre perplessità. Ormai è evidente che negli ultimi anni
la continua operazione di disinformazione tramite la diffusione incontrollata
di fake news abbia fortemente inquinato il dibattito politico, e ciò,
inevitabilmente, si traduce in una vera e propria manipolazione
dell’elettorato. La Rete, che nelle intenzioni iniziali doveva rappresentare
uno strumento di incremento dell'informazione, e dunque di maggiore democrazia,
si è rivelata, di fatto, uno strumento nelle mani del potere per controllare e
manipolare l'elettorato.
Una domanda
per entrambi, essendo uno magistrato l'altro avvocato. Nel saggio,
'massimizzazione delle opinioni' non equivale a 'massimizzazione della verità'.
In ambito giudiziario ad esempio è punita la falsa testimonianza. Ma pensando a
quello che accade fuori dall'aula giudiziaria ossia ai leoni da tastiera che
commentano le sentenze senza neanche leggerle, fomentati anche da certi
criminal show, quale potrebbe essere l'antidoto al populismo in materia soprattutto
penale?
Cricenti: L’antidoto al populismo penale è impedire che i
cicisbei del web influenzino non tanto le corti, che, almeno fino ad ora, hanno
dimostrato di saperne prescindere, ma il legislatore che nel dettare il diritto
penale non si faccia portavoce, come è avvenuto con la legittima
difesa, di istanze populiste lesive dei diritti fondamentali. Occorre, da un
lato, che le decisioni siano basate su competenza della materia, e dall’altro
serve opera di informazione corretta. Spesso gli idioti del web cavalcano una
notizia male offerta loro dal media.
Gallone: Ultimamente capita spessissimo che nascano forti polemiche
relative a sentenze che tuttavia nella maggior parte dei casi non sono neppure
state lette o non ne è stato compreso il senso. Il problema è serio. Il fatto è
che spesso non si tratta di semplice ignoranza in materia penale, che pure
abbonda, ma di strumentalizzazione di tali sentenze affinché servano a
veicolare una certa linea politica. Si pensi a tutte le volte che leggiamo di
immigrati macchiatisi di atroci delitti, assolti o condannati a pene minime,
mentre, invece, il "povero pensionato italiano sorpreso a rubare per
fame" viene condannato al carcere. Quasi sempre sono notizie false che,
distorcendo il senso di vere sentenze, vengono utilizzate per alimentare
malumori che sono utilissimi ad una certa politica che, proprio di tali
malumori, si alimenta. Poi è anche vero che c'è tanta ignoranza e
superficialità. Da ultimo, per esempio, c'è stato il caso trattato dalla Corte
d'Appello di Bologna. Per settimane abbiamo sentito parlare di ritorno al
delitto d'onore, in quanto l'uxoricida avrebbe goduto di una consistente
riduzione di pena poiché in preda ad una "tempesta emotiva", mentre
invece la sentenza diceva l'opposto, ossia che gli stati emotivi e passionali
non riducono la pena, anzi, in questo caso l'hanno aggravata (motivi abietti e
futili). In realtà la pena è stata ridotta solo grazie al riconoscimento delle
attenuanti generiche, poiché il reo aveva confessato e aveva iniziato a
risarcire la parte civile. Tutto normalissimo. Eppure, la macchina
dell'indignazione si è data un gran da fare.
Ultima
domanda per entrambi. L'attuale
Governo si nutre della nostra ignoranza e ci alimenta sempre più con bufale.
Come scrive Stefano Folli nella prefazione il potere è il maggiore produttore
di fake news. Probabilmente siamo vivendo l'acme di questo pericoloso connubio.
Come cambiare rotta?
Cricenti: Si
può cambiare rotta sottoponendo le affermazioni ufficiali, ossia quelle che la
politica e le istituzioni utilizzano per i propri fini a controlli di verità,
ma non è da escludere che si debba introdurre anche in Italia un criterio come
quello tedesco che sanziona le fake news diffuse in rete. La sanzione ha una
funzione preventiva e spinge, secondo un criterio di analisi economica, a
prevenire quando conviene per evitare il costo del risarcimento. Questo è ciò
che può fare il diritto. La politica deve fare la sua parte, invece, evitando
strumentalizzazione ai fini elettorali di fake news, evitando di accreditare
queste ultime come verità alternative a quelle ufficiali, e dunque assumendo
responsabilità verso i fatti.
Gallone: È esattamente così. Il potere è il maggiore
produttore di false notizie, proprio perché non mira ad informare correttamente
i cittadini, ma a conservare se stesso. Ecco perché in una democrazia che
funzioni bene occorrono degli strumenti che facciano da contraltare al potere.
Il più importante di questi è sicuramente la stampa, che rappresenta lo strumento
capace di limitare il potere dei governanti raccontandone in maniera imparziale
l’operato. Se la stampa non è in grado di lavorare in maniera imparziale allora
significa che la democrazia è malata. In Italia questi problemi non sono certo
una novità. Di lottizzazione della RAI si è sempre parlato. Quello che desta
sconcerto, tuttavia, è che chi oggi ci governa, fino a qualche anno fa, gridava
lo slogan “fuori i partiti dalla Rai”. Non mi pare che si siano fatti passi
avanti in questa direzione. Come tantissimi altri Paesi nel mondo, stiamo
attraversando una fase storica chiaramente connotata dal populismo, solo che
altre democrazie meglio strutturate di noi si sono dotate per tempo di
strumenti capaci di arginare il fenomeno. Noi ci siamo fatti trovare totalmente
impreparati, e dunque il populismo ha pervaso ogni ambito di discussione, non
solo politica, ma anche scientifica, sociale e culturale. Basti pensare alla
banalizzazione con cui negli ultimi tempi viene affrontato qualsiasi argomento
di discussione pubblica. Cambiare rotta è fondamentale, e tuttavia, non è
affatto semplice. Se l'assunto iniziale è che le fake news sono prodotte dal
potere, il quale si alimenta dalla loro diffusione, allora è evidente che
dall'alto non arriverà mai alcun segnale positivo nel contrasto di tale
fenomeno. L'unica soluzione auspicabile, dunque, resta quella di una
rivoluzione culturale che, partendo dal basso, - cioè dai cittadini, dalle
associazioni e dalla società civile, - miri a migliorare la qualità della nostra
democrazia, che oggi appare sempre più malconcia ed in evidente crisi.
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