I detenuti con gravi patologie mentali si possono curare fuori dal carcere, via libera dalla Consulta

di Valentina Stella Left 19 aprile 2019

D'ora in poi, se durante la carcerazione si manifesta una grave malattia di tipo psichiatrico, il giudice potrà disporre che il detenuto venga curato fuori dal carcere e quindi potrà concedergli, anche quando la pena residua è superiore a quattro anni, la misura alternativa della detenzione domiciliare «umanitaria», o «in deroga», così come già accade per le gravi malattie di tipo fisico: è quanto ha stabilito oggi una importantissima sentenza della Corte Costituzionale (n. 99, relatrice Marta Cartabia), che ha accolto e risolto un dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla Cassazione, con una ordinanza del 22 marzo 2018. È da rilevare che il presidente del Consiglio dei Ministri aveva invece chiesto che la questione fosse dichiarata inammissibile. Con questa decisione, al contrario, la Corte Costituzionale ha stabilito che la malattia psichica venga considerata alla stregua di quella fisica al fine del differimento pena per motivi di salute.

I fatti

Un detenuto condannato per concorso in rapina aggravata aveva fatto ricorso contro un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma che non aveva accolto la sua richiesta di differimento della pena per grave infermità, perché applicabile solo ai casi di grave infermità fisica. Invece in quel caso, il detenuto risultava affetto da «grave disturbo misto di personalità, con predominante organizzazione borderline in fase di scompenso psicopatologico», accertato in seguito a gravi comportamenti autolesionistici. Nel momento in cui il Tribunale di sorveglianza si pronunciava, la pena residua da espiare era di sei anni, quattro mesi e ventuno giorni. Per la Cassazione, trattandosi di una patologia grave e radicata nel tempo, la detenzione determinava un trattamento contrario al senso di umanità. Pertanto sollevava dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 47-ter (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), “nella parte in cui detta previsione di legge non prevede la applicazione della detenzione domiciliare anche nelle ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta durante l’esecuzione della pena”. Inoltre il detenuto non poteva essere allocato in una Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), posto che quest’ultima non può accogliere i condannati in cui la malattia psichica si manifesti nel corso dell’esecuzione della pena. In sostanza, per queste persone l’ordinamento non offre alternative al carcere.

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