Silvio Viale assolto
Valentina Stella Dubbio 3 novembre 2025
Assolto perché il fatto non costituisce reato. Questa la formula adottata ieri dal gup del Tribunale di Torino nei confronti del ginecologo dell'ospedale Sant'Anna e consigliere comunale di +Europa Silvio Viale, accusato di quattro casi di violenza sessuale qualificata di lieve entità dalla Procura del capoluogo piemontese. Quest’ultima aveva chiesto una condanna a un anno e quattro mesi, mentre per un quarto episodio l’assoluzione. Le denunce iniziali erano dieci, per altre sei invece la procura ha chiesto nei mesi scorsi l'archiviazione e due giorni fa si è svolta l'udienza di opposizione su cui il tribunale si è riservato la decisione. In aula l’accusa è stata sostenuta dalle pm Boschetto e La Monaca, sotto il coordinamento del presidente dell’Anm Cesare Parodi. Le segnalazioni erano partite in piazza nel 2023, durante una manifestazione #MeToo: una ragazza aveva parlato al megafono delle molestie subìte senza mai fare il nome Viale e altre si erano riconosciute in quelle parole e nel disagio provato. Le denuncianti avevano poi riferito alle autorità di apprezzamenti inopportuni, commenti a loro dire poco professionali e lesivi della dignità, oltre ad atteggiamenti ritenuti lascivi, con l’aggravante dell’abuso d’autorità «derivante dal ruolo ricoperto»; in un caso, secondo la procura, Viale «fissava una paziente mentre si spogliava». Tutte condotte ritenute estranee al contesto medico e risalenti agli anni fra il 2018 e il 2023. E invece era tutto lecito dal punto di vista penale poiché mancava il dolo, secondo quanto è dato comprendere dal dispositivo. Eppure Viale è stato vittima di una pesantissima gogna mediatica, soprattutto perché era un indagato speciale, ossia accusato di violenza di genere. In molti lo avevano creduto colpevole a prescindere. Non era possibile che le donne, dai 20 ai 40 anni, si fossero inventate tutto o che avessero avuto una percezione errata di quello che stava avvenendo durante la visita ginecologica. Per fortuna che ancora esistono i processi, duranti i quali si formano le prove. Viale ieri era presente in Aula e dopo la decisione è apparso commosso, soprattutto quando ha raccontato ai cronisti il fatto che la moglie e la figlia fossero sempre rimaste accanto a lui, senza mai vacillare. A noi ha detto: «Sono sollevato anche se amareggiato, perché la condanna in un certo senso c’è già stata e continuerò a scontarla, perché su questa materia ognuno pensa cosa vuole sulle proprie suggestioni». Come dargli torto. «Io ero certo – ha proseguito - di non aver fatto nulla e sono contento dell’assoluzione, perché l’accusa era la visita ginecologica e sarebbe stato un grave precedente per tutta la categoria dei ginecologi e delle ginecologhe». E già, perché se fosse giunta una condanna ogni visita ginecologica si sarebbe potuta trasformare in una accusa di violenza sessuale per donne eccessivamente suggestionabili e sensibili. «Non ho mai perso la dignità, ho continuato a lavorare, anche stamattina (ieri, ndr) prima di venire in tribunale. Continuerò a rimanere in silenzio sui fatti specifici, come ho fatto in questi due anni e ringrazio tutti coloro, ma soprattutto tutte coloro che mi sono state vicine. Le accuse erano infamanti per me, per la professione e sono contento per me e per la categoria che purtroppo ho dovuto rappresentare. Mi sembra che la formula “il fatto non costituisce reato” escluda il dolo e implichi che non c’erano atti sessuali e nessuna intenzione di compierli. Ho continuato a fare il medico e il consigliere comunale e non cesserò certamente adesso», ha concluso Viale. Accanto a lui in questi anni difficili c’è stato sempre il suo avvocato Cosimo Palumbo che ha aggiunto: «Un primo risultato di cui essere soddisfatti è il fatto che, grazie alla correttezza di tutte le parti, il processo si è svolto nella sede propria, il tribunale e non, in anticipo, sui media». Per tutta la fase delle indagini e del processo Viale e il suo difensore non hanno rilasciato alcuna dichiarazione infatti. Inoltre «una sentenza di condanna avrebbe rappresentato un vulnus al principio di stretta legalità, basilare nel diritto penale. Le condotte contestate al dottor Viale, infatti, in alcuni casi sono inevitabili durante una visita ginecologica e, in altri casi, non hanno nessuna caratteristica tipica della violenza sessuale, tali da poter costituire reato» ha concluso Palumbo. Nel corso del processo il legale ha richiamato la giurisprudenza della Cassazione sulla materia per cui per esserci violenza sessuale deve esserci contatto corporeo. Al contrario le avvocate Benedetta Perego e Ilaria Sala che assistevano le tre pazienti hanno dichiarato: «Pur non potendo essere soddisfatte del risultato di oggi (ieri, ndr), speriamo che questa sentenza possa quantomeno contribuire a definire che cosa possa o non possa essere subìto da una donna, anche in occasione di una visita medica. È un percorso a piccoli passi quello da intraprendere per cambiare una cultura che ancora oggi fatica a riconoscere l’inviolabilità del corpo delle donne». Non resta che porsi due domande. Prima: come si può pretendere l’inviolabilità del corpo se si sta effettuando una visita ginecologica? Seconda: vuoi vedere che dopo la nuova legge sul consenso, ora la politica non si inventa una legge per il decalogo del buon ginecologo?
Commenti
Posta un commento