"Sarà presente l’autore" detenuti tra teatro, cinema, foto e video

di Valentina Stella Il Dubbio 17 gennaio 2019

Oggi presso lo spazio WeGil, in largo Ascianghi 5 nel quartiere Trastevere di Roma, dalla 10: 30 alle 19 in scena estratti di spettacoli teatrali, film e letture e una mostra fotografica e video prodotti con i detenuti del Lazio. L’iniziativa dal nome “Sarà presente l’Autore” è realizzata dal Garante delle persone private della libertà della Regione Lazio in collaborazione con LazioCrea. È stata presentata ieri con una conferenza stampa alla presenza di Stefano Anastasìa, Garante delle persone private della libertà del Lazio, Albino Ruberti, Capo di Gabinetto del Presidente della Regione Lazio, Giovanni Di Blasio, Dirigente Provveditorato Amministrazione Penitenziaria Lazio, Maria Antonia Vertaldi, Presidente Tribunale di Sorveglianza di Roma, e lo scrittore Edoardo Albinati. Il pomeriggio si è concluso con le prime rappresentazioni e una degustazione di prodotti d’economia carceraria. “Tra i diritti che non possono essere negati ai detenuti è quello all’accesso all’istruzione e alla cultura, qualificante anche nella prospettiva del miglior reinserimento sociale al termine di una esperienza detentiva”, ha dichiarato il Garante delle persone private della libertà della Regione Lazio, Stefano Anastasìa che ha proseguito: “essendo la privazione della libertà di per sé una condizione di rischio per l’integrità dei diritti fondamentali della persona, vi si dovrebbe ricorrere il meno possibile, ma perché ciò sia, è necessario promuovere forme di convivenza alimentate dalla fiducia nell’altro, mantenere un dialogo aperto tra “dentro” e “fuori”, generare contaminazioni e scambi culturali, anche con la società esterna nelle varie e articolate forme che la cultura può assumere. Per chi è detenuto i laboratori di teatro, di scrittura e di arte in genere sono un’occasione di elaborazione critica del proprio vissuto, di conoscenza personale, crescita culturale e potenziamento della propria espressività. Raccontarli “fuori” può essere strumento di mediazione e di una diversa comprensione delle realtà della detenzione, troppo spesso rappresentata con preconcetti e luoghi comuni. Per questo ringrazio le associazioni, gli enti, le scuole, le compagnie teatrali, le persone

detenute e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa iniziativa”. Edoardo Albinati, vincitore due anni fa del Premio Strega, da circa 25 anni lavora come insegnante nel penitenziario di Rebibbia: “la spinta principale a intraprendere lo studio è quella dell’evasione, non solo l’interesse specifico per le materie insegnate. Uscire dalla cella e avere il contatto con altre persone che non fanno parte del mondo penitenziario è salutare per il detenuto ma anche per quelli che stanno fuori perché poi fanno conoscere il carcere all’esterno. Diventiamo dei messaggeri tra il dentro e il fuori. La principale privazione in carcere per i detenuti è quella sensoriale: l’orizzonte è limitato. L’occhio si deprime; addirittura i reclusi non riescono a vedere il loro intero corpo ad uno specchio. Quindi le attività che si svolgono in carcere hanno come primo scopo quello di tenere in vita il corpo e la mente dei detenuti”. Albino Ruberti, Capo di Gabinetto del Presidente della Regione Lazio: “la mia è una testimonianza di apprezzamento per il lavoro svolto fino ad oggi e che spero si possa estendere. Noi viviamo un momento difficile su tanti temi, è sentito in questi mesi l’elemento della sicurezza. Ciò ha delle ripercussioni sulle misure messe in campo. Il nostro compito - rivolgendosi soprattutto agli studenti in sala - è far capire che il momento della pena in carcere non va semplificato e non va mai dimenticata la funzione rieducativa sancita nella Costituzione”. Ha concluso Maria Antonia Vertaldi, Presidente Tribunale di Sorveglianza di Roma: “molti non vogliono parlare di carcere: si tratta di uno dei più gravi errori di questo momento. Si tratta di un grosso problema culturale. Dobbiamo dare contenuto al senso della pena affinché il detenuto possa rientrare in società senza sentirsi emarginato. Statisticamente chi finisce di espiare la pena in misura alternativa ha una probabilità minore di incappare nella recidiva”.

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