Ricchi, giovani e acculturati: chi sono gli italiani contro i vaccini (e perché sono pericolosi)


I vaccini sono una delle scoperte scientifiche più importanti al mondo, eppure, soprattutto negli ultimi tempi, vengono messi in discussione da una fetta di opinione pubblica. La prima conseguenza è il calo delle vaccinazioni e per questo lo scorso anno l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiamato il nostro Paese. Com'è possibile che sempre più genitori, anche acculturati, rifiutino di far vaccinare i propri figli mettendo a rischio non solo la propria prole ma anche tutti quelli a contatto con i loro bambini, ad esempio una donna incinta o un altro bimbo con carenze del sistema immunitario?
A questa domanda risponde Andrea Grignolio, docente di storia della medicina alla Sapienza di Roma, autore del libro uscito da pochi giorni "Chi ha paura dei vaccini?"(Codice edizioni, Torino 2016, pagg 208, €14, prefazione di Riccardo Iacona, postfazione di Gilberto Corbellini). Grignolio affronta la questione da un punto di vista storico, indagando le ragioni biologiche, psicologiche ed evolutive che ci spingono a mostrare diffidenza e panico nei confronti dei vaccini e della scienza in generale, molto spesso perché influenzati dal ciarlatano di turno. Dopo una breve storia dei movimenti antivaccinali, l' autore, condividendo con il lettore molti dati e conclusioni di esperimenti condotti su gruppi di genitori, delinea una vera e propria carta di identità dell'antivaccinista - con risultati anche sorprendenti - e smonta, sempre con prove scientifiche, tutte le bufale che girano in rete sui vaccini. Fatto questo, Grignolio si chiede come arginare culturalmente il fenomeno e come debba reagire uno Stato democratico che voglia conciliare la libertà di cura con la tutela della salute pubblica. E' un libro per tutti, genitori, esperti del settore, giornalisti scientifici, politici.
Professor Grignolio proviamo a delineare un identikit di coloro che hanno paura dei vaccini, anche grazie alle nuove analisi neuropsicologiche?
I genitori che hanno paura dei vaccini sono dei quarantenni che hanno un livello culturale medio alto e sono economicamente benestanti. Le ricerche neuropsicologiche ci dicono che questo genere di persone ha un'alta percezione del rischio perché ha gli strumenti cognitivi per andare su internet e leggere tutte le informazioni, per lo più sbagliate, che la rete riporta e quindi sono le uniche che si espongono paradossalmente al carico informativo eccessivo, contraddittorio e carico di rischi che la rete riporta sul tema dei vaccini. Inoltre, il loro status sociale spesso li fa avvicinare agli approcci di tipo naturista —penso alle medicine alternative, all'omeopatia, ai vegani — che tendenzialmente sono contrari ai trattamenti farmacologici, in particolare ai vaccini.
Proviamo a fare un esempio concreto: una persona laureata con il massimo dei voti in matematica, insegnante al liceo è contraria ai vaccini. Perché andando su internet viene catturata dalle informazioni dei siti antivaccini?
Ci sono degli esperimenti di psicologia sperimentale —che tratto nel libro— dove a genitori laureati è stato spiegato, che i vaccini non sono pericolosi con dati alla mano, essi hanno dichiarato di aver compreso i dati sulla loro sicurezza ed efficacia, hanno dimostrato di aver capito che i vaccini non creano l'autismo, eppure, quando alla fine dell'esperimento è stato chiesto loro se si fidavano di più dei vaccini, non hanno cambiato assolutamente idea, continuavano a rifiutare i vaccini . Anzi, nel campione vi è stata una lieve recrudescenza, ovvero in alcune persone l’opposizione si è persino rinforzata anziché attenuata. Le cosiddette “informazioni correttive”, cioè quelle volte a contraddire le credenze delle persone che sono radicalmente contrarie ai vaccini rinforzano i “loro bias cognitivi”, i loro pregiudizi, e non sono utili nella comunicazione con una parte degli oppositori, quelli “integralisti”. Ecco, il caso da lei esposto è un caso tipico di questi: persone intelligenti, che capiscono un problema, ma lo rifiutano cognitivamente ed emotivamente. So bene che questi casi sono contro intuitivi, ma non sempre il livello culturale e le abilità cognitive ci permettono di valutare correttamente il rischio. La cattiva valutazione del rischio, come spiega bene il Premio Nobel per l’economia Kahneman, è un vecchio retaggio evolutivo che spesso è indipendente dal livello culturale: altrimenti avremmo che chi ha un buon livello culturale non rifiuta i vaccini, e invece non è così , o perlomeno , non sempre.
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