Diagnosi pre-impianto, la Consulta decide il 27: non chiamatela eugenetica

(Cronache del Garantista 24 aprile 2015)

Il prossimo 27 aprile i Giudici della Corte Costituzionale torneranno a riunirsi per decidere se il divieto della legge 40 che preclude l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche sia anticostituzionale. Lo scorso anno, infatti, il Tribunale di Roma aveva sollevato due dubbi di legittimità costituzionale sul divieto, dopo che due coppie, a seguito del rifiuto da parte di un ospedale pubblico romano di effettuare la diagnosi preimpianto, si erano rivolte all’Associazione Luca Coscioni ed erano state così assistite dagli avvocati Filomena Gallo e Angelo Calandrini.
Questi potenziali genitori chiedono semplicemente di avere un figlio sano, non affetto dalla loro stessa patologia genetica. Non chiedono un figlio alto, moro, con un determinato quoziente intellettivo, non vogliono sceglierlo su un catalogo; amorevolmente desiderano che non debba soffrire a causa di una malattia. Qualcuno taccia questo desiderio di eugenetica. E’ una strumentalizzazione terminologica lontanissima dalla realtà scientifica, dietro alla quale si nasconde un illogico ma doloroso paradosso. La legge 40 prevede infatti che le coppie infertili possano accedere alla diagnosi pre-impianto e conoscere lo stato di salute dell’embrione, quelle fertili no, e sono costrette ad intraprendere una gravidanza che terminerà quasi sicuramente con aborto. Una anomalia tutta italiana, perché il nostro Paese è uno dei pochissimi ad imporre ancora questo divieto. Come ha ben spiegato il professor Michele De Luca, Direttore del CMR Università di Modena, co-presidente Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica ad un convegno organizzato pochi giorni fa proprio dall’Associazione Luca Coscioni al Senato della repubblica “la genetica ci dice chiaramente che nel caso di una patologia genetica a trasmissione recessiva due genitori portatori sani hanno il 25% di possibilità di generare un figlio sano, il 25% di possibilità di generare un figlio malato e il 50% di generare un figlio non malato ma portatore sano della stessa patologia genetica. Ci sono in questo Paese 7-8 mila patologie genetiche, ci sono un milione e mezzo di persone con malattie rare”. A lui è seguita l’embriologa Laura Rienzi, del centro Genera di Roma “secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dieci bambini su mille sono affetti da una patologia genetica.  Nel Regno Unito dodici su mille, quindi 1,2%. Su 534000 bambini nati in Italia si calcola che circa 5 mila siano affetti da patologie trasmissibili,  cioè almeno 5 mila coppie scoprono di essere portatori di anomalie genetiche solo perché concepiscono un figlio affetto, non tutte le coppie sono consapevoli di essere portatori”. Secondo la dottoressa Sandrine Chamayou, dell’Istituto Hera,  “su tutto il territorio italiano si calcola siano 2 500 000 il numero di portatori sani di beta-talassemia; mentre la fibrosi cistica è la più frequente malattia genetica letale nella popolazione caucasica. Un individuo su 27 è portatore sano di una delle 2000 mutazioni causative della malattia”. Sono numeri grandi, dietro cui si celano storie di sofferenze: di aborti terapeutici, di bimbi mai nati, di sogni genitoriali infranti. Come ha ricordato Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale, durante lo stesso incontro, " si tratta di un tema troppo spesso banalizzato da alcune parti ma che io considero molto serio".  Anita Pallara, affetta da SMA2, ha voluto indirizzare tramite l’Associazione Luca Coscioni questo messaggio proprio alle persone che banalizzano l’argomento o lo discutono trincerandosi dietro irrealistiche ideologie:  “La scienza tramite la diagnosi pre-impianto garantisce il diritto, e personalmente aggiungo il dovere, di poter mettere al mondo un bambino sano: quale legge morale o etica vieterebbe una cosa del genere? Se perdi una moglie diventi vedovo, se perdi i genitori diventi orfano, se perdi un figlio resti senza “nome”, questo dovrebbe far riflettere. La diagnosi pre-impianto è un fondamentale del diritto alla vita”. (Valentina Stella)

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