Ilaria Cucchi e la dottrina del doppio effetto: perché non doveva pubblicare quella foto

Non sono d'accordo con il gesto di Ilaria Cucchi di pubblicare su facebook la foto di uno dei carabinieri sui cui è aperto un fascicolo di inchiesta per la morte del fratello Stefano.
Per giustificare la mia affermazione provo a muovermi sul piano dell'opportunità e su quello della legalità.


La finalità di voler "far capire la fisicità e la mentalità di chi gli ha fatto del male", come lei stessa ha scritto, sarebbe potuta essere compresa se avesse oscurato il volto della persona. Inoltre queste parole arrivano solo dopo il primo post che ha innescato una violenza verbale nei confronti del carabiniere:  "Volevo farmi del male, volevo vedere le facce di coloro che si sono vantati di aver pestato mio fratello".
Perché non si è fatta del male privatamente?
In un messaggio successivo scrive " Questa foto io non l'avrei mai pubblicata ma l'ho fatto solo perché la ritengo e la vedo perfettamente coerente col contenuto dei dialoghi intercettati e con gli atteggiamenti tenuti fino ad oggi dai protagonisti." Siamo sicuri che non aveva altre foto a disposizione per dimostrare la corpulenza del soggetto?


Insomma non comprendo quale siano le vere ragioni  -  o forse le comprendo ma non le trovo solidamente giustificate - di questo gesto di Ilaria Cucchi che da anni porta avanti con tenacia e coraggio la sua battaglia per la verità.

Anzi mi scervello a dare un senso alla sua azione con retaggi dei miei studi filosofici, in particolare  con la dottrina del doppio effetto per cui è sbagliato compiere un'azione moralmente cattiva per le conseguenze buone che ne derivano, mentre è possibile compiere un'azione buona che ha tuttavia conseguenze cattive non volute. 

Credo che Ilaria Cucchi sia da etichettare nella prima categoria, purtroppo: ora tutti sanno la differenza fisica tra l'aggressore e l'aggredito però non c'era bisogno di farlo notare così. Ci sarebbe stato bisogno di attendere il processo. 

Sarà esasperata per le intercettazioni? La sua rabbia, la sua tristezza, il suo scoramento sono comprensibili ma comprensibile per me non è il suo gesto che si tira fuori da quella lotta per lo Stato di Diritto che lei e la sua famiglia conducono da anni.

Ilaria Cucchi scrive " La prima domanda che mi pongo è: se fosse stato un comune mortale, cioè non una persona in divisa, non ci si sarebbe posto alcun problema. La cronaca nera e piena di 'mostri' rei o presunti tali di efferati ed orrendi delitti sbattuti in prima pagina."

Da parte mia e di chiunque si professi garantista dell'identità personale c'è la profonda convinzione che si sbaglia sempre a sbattere il mostro in prima pagina. E' c'è proprio la legge a tentare di evitare ciò per quanto possibile, una legge spesso disattesa da molti colleghi giornalisti: è vietata espressamente la pubblicazione di immagini di persona sottoposta all' arresto (art 114 comma 6 bis cpp). Non è questo il caso ma resta il fatto di aver creato una gogna pubblica verso una persona ancora in attesa di processo.

Insomma rimango perplessa su questa iniziativa della Cucchi anche perché la forza del diritto risiede proprio nel non abdicare mai a se stesso, pur dinanzi a membri delle forze dell'ordine che avrebbero invece abdicato al loro ruolo e avrebbero dimenticato nei loro gesti e nelle loro parole il minimo rispetto della vita umana. 

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